Un’attenta lettura dei dati emersi dal progetto di monitoraggio e valutazione di tutte le iniziative di microcredito attivate in Italia, realizzato dal 2011 al 2014 dall’Ente nazionale per il Microcredito per il Ministero del Lavoro, documenta quanto questo genere di finanziamento si stia radicando come strumento economico irrinunciabile, perché offre concrete possibilità di accesso o reinserimento nel mercato del lavoro per donne e giovani, ma anche perché è una valida opportunità per fronteggiare l’emergenza povertà, che colpisce strati sempre più ampi di popolazione. Le evidenze confermano, inoltre, che si tratta di un fenomeno in progressiva e sostenuta espansione.
Perché il microcredito. In un contesto di crisi economica che sta facendo aumentare velocemente la platea di persone o microimprese che non ottengono il credito tradizionale, perché non riescono a fornire adeguate garanzie di disponibilità economica, o perché, per le dimensioni contenute delle loro iniziative, i crediti richiesti non risultano interessanti per le banche, il microcredito si dimostra capace di fornire una risposta, di rappresentare un’alternativa significativa alla crescente domanda di credito, sia a scopo socio-assistenziale, che per finalità produttive.
Strumento di circolazione di denaro. Nel 2013, in Italia, sono state tenute in osservazione 105 iniziative di microcredito e ne è emerso che si sono distribuiti poco meno di 10.000 microprestiti, per un ammontare complessivo di oltre 100 milioni di euro, riuscendo a soddisfare meno della metà (42,3%) delle richieste sottoposte a valutazione. Va tuttavia considerato che se, per numero, la maggioranza dei microcrediti (59,9%) sono stati concessi con finalità socio-assistenziali, per importo in effetti concesso, prevale invece il valore di quelli con finalità di auto impiego, che assorbono quasi i tre quarti delle risorse complessivamente impiegate: oltre 76 milioni di euro, ovvero 50 milioni in più dei 26 milioni volti al microcredito sociale.
Microcredito socio-assistenziale e produttivo. Per comprendere meglio come funziona il microcredito, si devono distinguere le due tipologie principali, con le loro differenti cifre di richieste e di guadagni ottenuti: da un lato, gli interventi di carattere socio-assistenziale (significativamente numerosi, ma di importi molto modesti e che però intercettano una quota maggiore della domanda); dall’altro lato, il microcredito volto all’auto impiego e all’auto imprenditorialità (con importi medi erogati molto più rilevanti e che però, per numero, è in grado di soddisfare meno di un terzo della domanda). Sempre dal lavoro di monitoraggio del Ministero del Lavoro, risulta che gli importi medi concessi differiscono molto gli uni dagli altri: sono assai contenuti nel caso degli interventi sociali, attestandosi mediamente sotto i 4.500 euro; mentre quelli con finalità lavorativa superano i 19.000 euro. Anche il rapporto tra prestiti concessi e domande fornite è significativamente diverso tra le due tipologie di microcrediti: in ambito sociale si riesce a soddisfare quasi il 60% della domanda, mentre in ambito produttivo poco meno del 30% dei richiedenti riesce ad ottenere il microcredito.
Aumento costante di richieste e concessioni. A parità di numero di iniziative monitorate dall’Ente nazionale del Microcredito -106 imprese nel 2012 e 105 nel 2013 ? i microcrediti concessi, sono passati da 7.167 a 9.941, aumentando del 38,7%, allo stesso ritmo con cui erano cresciuti nel periodo 2011?2012, mentre l’ammontare complessivamente erogato, risulta molto superiore a quello dell’anno precedente di oltre 39 milioni di euro, incrementandosi del 62,2%.
Le richieste a scopo produttivo di auto impresa. Le variazioni complessive sono effetto di andamenti molto differenti, tra microcrediti a finalità sociale (che crescono solo del 12,5% per numero e fanno registrare una stabilità in termini di volume finanziario complessivo pari al +0,8%), e quelli concessi per finalità produttive, (che invece raddoppiano fino al +112,8%, per numero e per dimensione dei finanziamenti complessivamente concessi).
Le 3 sottotipologie di microcredito in Italia. Oltre a differenziarsi in termini di finalità, gli interventi di microcredito possono distinguersi anche in 3 sottouniversi:
– I 4 programmi nazionali. Pur essendo in numero assai limitato (sono infatti solo 4 le iniziative capaci di intervenire quasi sull’intero territorio) hanno un peso molto rilevante in termini sia di numero d i microcrediti concessi (45% circa del totale), sia di ammontare erogato (41%), concedendo microprestiti di importo medio pari a circa 9.500 euro;
– I progetti degli Enti regionali. Intrapresi con sempre maggiore frequenza e intensità, esprimono modelli di intervento originali e articolati e hanno anch’essi una notevole incidenza sulle dimensioni complessive del fenomeno, sia per numero di microcrediti (29% circa), sia per ammontare erogato(42%), con importi medi notevolmente più elevati e superiori ai 15.000 euro;
– Il “microcosmo del microcredito”. Vale a dire quel rilevante numero di piccoli progetti con un raggio d’azione più limitato: una realtà composita sorretta soprattutto da operatori di enti religiosi, del terzo settore, ma anche di enti locali minori, cui va attribuita una quota significativa di prestiti accordati (27%) ed un volume di finanziamenti più modesto (17%) e che concedono microprestiti di importo medio molto contenuto pari a circa 6.500 euro.
Quasi 10.000 nuovi posti di lavoro. Grazie all’indagine fatta, è stato possibile calcolare gli effetti moltiplicativi del microcredito sull’occupazione. Il microcredito erogato nel 2010 nelle aree più svantaggiate, ha generato non solo occupazione diretta, ma anche indiretta, dimostrandosi uno strumento in grado di moltiplicare la sua insita e rilevante capacità di attivazione del lavoro, quindi di inclusione lavorativa e sociale oltre che finanziaria. Guardando ai dati più recenti, nel 2013 il microcredito ha prodotto circa 9.700 nuove occasioni di lavoro, tra diretti beneficiari e collaboratori delle neonate microimprese o attività autonome.
Nel 2012, i nuovi posti di lavoro sono stati 4.550 e 2013 sono perciò raddoppiati. “Dai dati raccolti e studiati – conclude il prof. Mario La Torre, ordinario di Economia presso La Sapienza – il microcredito dev’essere considerato un tangibile strumento di politica attiva del lavoro, in particolare per chi sceglie di mettersi in proprio, ma che per intraprendere un’attività autonoma necessita di un minimo capitale di solito non disponibile sul mercato”.
Link Intervista: http://www.repubblica.it/solidarieta/equo-e-solidale/2014/07/01/news/microcredito-90445913/?ref=search.fughi