Perché premiare una banca di questi tempi in cui al sistema bancario è attribuita la responsabilità della crisi finanziaria e gran parte di quella economica?
E’ naturale chiederselo assistendo alle consegne dei premi Of-Migliore Banca 2017, un’iniziativa organizzata da Of – Osservatorio Finanziario, nella sede milanese di via Copernico in un “quasi-caldo” mercoledi 17 maggio. Eppure, la serata di premiazione non è solo l’occasione per presentare una rinnovata veste della piattaforma di gestione di big data utile a stilizzare alcuni benchmark di riferimento del business bancario ed a spiegare OF-POW, il nuovo super-indice bancario [www.osservatoriofinanziario.it/ofmiglior]. E’ anche l’occasione per riportare al centro la questione bancaria. La consegna di premi, più che una celebrazione mediatica tipica di altre realtà, mi pare abbia, in questo caso, un più intimo senso di “premio-riconoscimento”, di “segno di riconoscimento”: più che un premio, dunque, un indicatore identitario in un momento storico nel quale le banche sembrano avere smarrito il senso intimo della propria missione.
Suona meno strano, in quest’ottica, che si consegni un premio “miglior mutuo”, quando le banche sono concentrate nella gestione dei crediti deteriorati e molte di loro stanno implementando un “business di contrasto”, creando strutture interne incentivate a creare profitto sui non performing loans generati dalla banca stessa.Sorprende meno anche il premio “miglior conto corrente”, pur se accostato ai crescenti tassi di esclusione finanziaria e di povertà – assoluta e relativa – registrati negli ultimi anni, e non solo in Italia.L’identità bancaria, dunque, che viene dal confronto: il “premio-riconoscimento” trova in questa funzione la sua più vitale ragione d’essere. E’ fuor di dubbio, infatti, che gli intermediari bancari abbiano smarrito la via ed oggi stentino a riconoscersi, vivendo una crisi identitaria mai sperimentata: la struttura dei tassi rende l’intermediazione creditizia meno profittevole, le strutture operative hanno consolidato costi oggi difficilmente sostenibili e razionalizzabili, la concorrenza di nuovi intermediari e la crescente sfiducia di risparmiatori ed investitori accentuano i processi di disintermediazione del passivo e dell’attivo. E’ urgente, per le banche, declinare un nuovo modello di business che sia in grado di conciliare l’attività tradizionale con altre componenti più innovative e ricercare un nuovo posizionamento nei mercati finanziari. Assolta l’urgenza di ripulire i bilanci e rafforzare il patrimonio, è questa la sfida strategica che conta, che non può essere affrontata senza la piena consapevolezza del proprio posizionamento. E’ importante, dunque, che i modelli che stilizzano benchmark di prodotti e processi siano oggetto di attenzione da parte delle singole banche e vengano utilizzati, congiuntamente a quelli interni, per meglio incontrare le richieste dei clienti e per verificare il raggiungimento degli obiettivi annunciati. E’ nella combinazione di valutazioni interne alla banca e valutazioni esterne che si raggiunge una maggiore consapevolezza identitaria. La crescita passa sempre da qui: dalla percezione che l’altro ha del nostro operato; vale anche per le banche che, tuttavia, in questa fase sono indotte ad identificare “l’altro” nelle sole “authority” – ormai nazionali ed europee – senza mai un “altrove”. Questo “altrove” è il mercato, la percezione che il mercato esprime rispetto ad una banca, ed al sistema bancario tutto, le sue richieste, le sue frustrazioni. Percezioni e richieste vanno tradotte in sintesi ordinate, misurabili e confrontabili. Ben vengano, dunque, gli indici, che, tuttavia, per le ragioni espresse, devono trovare un’evoluzione naturale per offrire un contributo analitico che le elaborazioni interne non possono fornire: (i) esaltare la valenza di elementi qualitativi riconducibili all’economia del benessere degli stakeholders bancari, (ii) catturare nuovi prodotti e nuove linee di business in grado di configurare e promuovere un modello di banca più sostenibile ed inclusiva. Ben arrivato, dunque, al nuovo premio speciale per la “miglior banca sostenibile”; un primo esperimento che può essere rinnovato ed alimentato. Su questo percorso, lo stesso OF-POW potrebbe includere, già dal prossimo anno, indicatori dedicati alle operazioni di microcredito. Il microcredito è uno strumento di riconosciuta valenza inclusiva; secondo i dati dell’Ente Nazionale per il Microcredito, ogni microcredito è in grado di generare 2,43 posti di lavoro, oltre a promuovere inclusione sociale ed a registrare tassi di default sensibilmente inferiori a quelli dei crediti tradizionali. L’Italia è all’avanguardia in materia di microcredito ed è tra i pochi Paesi europei ad avere regolamentato tale forma di credito nel nuovo titolo V del Testo Unico bancario [Al riguardo, il mio articolo “Il microcredito è legge” https://www.goodinfinance.com/microcredito-legge-si-orientano-gli-italiani/]. L’Ente Nazionale per il Microcredito – nelle sue funzioni di ente pubblico dedicato alla promozione del mercato micrcreditizio – ha stipulato ad oggi 14 convenzioni con diversi intermediari bancari mettendo a disposizione un plafond di circa 200 milioni di euro da destinare a beneficiari esclusi dal sistema finanziario tradizionale ma portatori di idee microimprenditoriali con potenzialità di successo. Potrebbe essere questo un primo panel di banche da considerare per uno specifico benchmark. Un premio al “miglior prodotto microcreditizio” potrà costituire un benchmark elitario per una banca di inclusione che reagisce con concreta reattività alle vicende della crisi. In uno scenario, come quello attuale, che registra un forte gap di fiducia nel sistema bancario, un “premio al “miglior prodotto microcreditizio” può rappresentare una via utile a stimolare una riconciliazione tra banche e clienti ed a promuovere una crescita economica inclusiva.