[La necessità per le banche europee di rispettare gli obblighi imposti dalla vigilanza bancaria non esclude strategie ad impatto sociale ed orientate alla creazione di valore per azionisti e risparmiatori: per questo, abbiamo bisogno di supervisori illuminati e banchieri d’immaginazione]
Il tempo perduto
C’è ancora spazio per una madeleinette di memoria proustiana tra i nuovi “aromi fast-food” della banca moderna? O l’anima di questa Europa, tanto evocata da Jacques Delors, è condannata a respirare i fumi effimeri di un sistema bancario incapace di visioni orientate alla coesione sociale ed alla crescita sostenibile, alla base del progetto europeo?
La nostalgia inconfessata per “l’età dell’oro”, in cui i margini assicuravano comodi ritorni agli azionisti, credito generoso ai clienti, stabilità ai mercati, sembra a tutti una vana speranza, ancora più mortificata dalla fretta di correre ai ripari. Il dolce sapore del passato si mescola, inesorabilmente, al nuovo profumo d’Europa, che sembra imporre soluzioni prét-à- porter, anche per la gestione delle crisi bancarie, ad oggi sostanzialmente dissociate dalle politiche di coesione economica e sociale e, in fondo, anche in contrasto con la stessa sostenibilità bancaria. E’ tutto qui? E’ il tramonto dell’occidentalis banca, o l’ouverture di una nuova alba dal profumo d’Oriente ?
Una prima chiave di lettura ai fatti moderni risiede nella combinazione tra azione di vigilanza e forze di mercato. Se il meccanismo di vigilanza unico mira a ristabilire, per le banche europee, rassicuranti parametri di sostenibilità, la pressione del mercato induce i banchieri a scelte dolorose e, apparentemente irrinunciabili, che non sempre coincidono con quelle utili alla creazione di valore e con gli obiettivi ultimi della vigilanza stessa. Come ricordato da Carmelo Barbagallo – Capo Dipartimento Vigilanza Bancaria e Finanziaria della Banca d’Italia – nel suo intervento all’incontro su Banche e mercato: nuove sfide per operatori e istituzioni “Gli impulsi provenienti dal mercato e dalla vigilanza impongono di aumentare l’efficienza, contenere i costi, amministrativi e del personale, razionalizzare la presenza sul territorio” [http://www.bancaditalia.it/media/notizia/carmelo-barbagallo-intervento-su-banche-e-mercato-nuove-sfide-per-operatori-e-istituzionicom.dotmarketing.htmlpage.language=102&pk_campaign=EmailAlertBdi&pk_kwd=it]
La banca prigioniera
Gli effetti – di natura ancora programmatica – dell’azione di vigilanza e della pressione (anche mediatica) del mercato cominciano ad essere evidenti nei piani strategici di medio termine di alcuni intermediari e nei piani operativi per la gestione dei non performing loans (NPL) predisposti dalle banche ed inviati alla BCE. Nuova vigilanza, stesse soluzioni: sembrerebbe impossibile liberarsi dalla coazione a ripetere un déjà vu connotato da tre irrinunciabili mantra: (i) razionalizzazione delle filiali; (ii) razionalizzazione del personale; (iii) razionalizzazione del portafoglio di crediti deteriorati.
Dobbiamo augurarci che l’intenzione “cartolare” non si traduca in azioni sostanziali, la cui lettura interpretativa più immediata suggerisce di sostituire “razionalizzazione” con “riduzione”. Sarebbe controproducente, infatti, che la “terapia” proposta dalla vigilanza inducesse il sistema bancario ad un indiscriminato dimensionamento della rete territoriale, a scomposte politiche di licenziamento o di agevolazione all’uscita del personale, ad una frettolosa cessione dei crediti non performing. Le banche nascono e prosperano insieme ai loro clienti, al personale, al territorio che sostengono. Razionalizzare la presenza territoriale laddove questa è già ridotta, come nel Sud Italia [al riguardo si veda: http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/banche-istfin/index.html?com.dotmarketing.htmlpage.language=102], viaggiare con il motore dei crediti in folle, riducendo i volumi intermediati o alimentandoli solamente grazie ad una versione degradata del modello “originate to distribute”, non corrisponde alla più intima missione delle banche, che dovrebbero, al contrario, stimolare il mercato del risparmio, finanziare una crescita sostenibile, promuovere inclusione finanziaria e sociale. [Al riguardo, il mio articolo “O si fa credito o si muore” https://www.goodinfinance.com/si-credito-si-muore/]
La banca scomparsa
Razionalizzazione della rete territoriale e del personale vanno di pari passo e sono, di questi tempi, sponsorizzate in ragione del contenimento dei costi e di un modello di banca innovativo, maggiormente orientato all’on-line banking, all’utilizzo di personale esterno (agenti e mediatori in primis), all’outsourcing di prodotti e processi. Tutto perfetto, nell’ottica della modernità.
Eppure, può essere utile ricordare il “tempo perduto”, gustare una madeleinette che, senza nostalgia, richiami ai nostri sensi il “profumo di banca”.
Ricorderemmo, così, che l’articolazione territoriale – anche in tempi moderni – rimane una ricchezza in termini di rapporto fiduciario con i clienti, di ascolto delle istanze locali, di collocamento dei propri prodotti non ispirato ad una selezione avversa della clientela. La sola comunicazione – anche quella web-nativa – senza la “cura” che il personale interno sa prestare al cliente, non è sufficiente a caratterizzare un brand ed a fidelizzare, cosi come a dare segnali di ritorno in grado di orientare e sollecitare politiche di offerta aderenti al contesto economico.
Anche le scelte orientate alla cessione dei bad loans possono essere valutate esplorando tra le antiche ricette dei vecchi banchieri: un’altra madeleinette, che ci aiuti a considerare con maggiore lucidità, da un lato la necessità di ripulire il portafoglio crediti e migliorare i requisiti patrimoniali richiesti da Basilea, dall’altro i possibili effetti di medio termine sulla creazione di valore. La cessione dei NPL a soggetti esterni, così di moda ed evocata da più parti, impatta, in primo luogo, sul rapporto con la clientela (elemento ancora poco considerato), in seconda istanza, sul conto economico delle banche cedenti e sulla distribuzione della ricchezza. Nel primo caso, si rischia di consolidare un modello perverso del modello “originate to distribute”: la banca, concede prestiti per cedere, successivamente, al mercato, quelli deteriorati, esponendosi così ad un’attitudine di azzardo morale che facilita scelte di offerta creditizia eccessivamente spregiudicate [un recente studio della Banca d’Italia conferma la relazione positiva tra debolezza della relazione banca-cliente e azzardo morale[i]. Nel secondo caso, l’incognita sul tasso di recupero, e le pressioni al ribasso sul prezzo di cessione – motivato dall’urgenza di ripulire il bilancio – sono condizioni più che sufficienti ad ipotizzare un trasferimento di valore fuori della banca cedente, con conseguenti perdite per azionisti e risparmiatori, ed effetti distorsivi sulla distribuzione della ricchezza. Lo stesso Barbagallo, nel citato intervento, ricorda il rischio di scelte di cessione dei NPL valutate con “approssimazione”, classificandole come sintomi del “fallimento del mercato che accresce la pro-ciclicità, complica l’opera dell’autorità di vigilanza, ostacola il superamento delle difficoltà aziendali”.
La banca ritrovata
E’ bello che un banchiere moderno cerchi di leggere le dinamiche evolutive dei mercati finanziari e provi a ripensare i processi di creazione di valore del business bancario. E’ giusto che le autorità di vigilanza orientino le banche in tal senso. Eppure, questa azione deve essere accompagnata da una profonda, propedeutica e doverosa riflessione circa la possibilità di scelte alternative alla semplice e scontata “razionalizzazione-riduzione”.
Ancora una madeleinette, e scopriamo che convertire rete e personale a funzioni innovative è possibile. La piattaforma recentemente promossa da UBI Banca, dedicata al welfare aziendale [https://www.ubibanca.com/ubi-welfare], è un ottimo esempio di come si possa coniugare modernità (piattaforma web), servizi innovativi (offerta di consulenza e servizi finanziari per il welfare aziendale rivolto ai clienti corporate) salvaguardia dei posti di lavoro (formazione e conversione del personale interno da dedicare al nuovo servizio), valorizzazione della rete (utilizzata come canale di promozione e di assistenza diretta al cliente). Nella stessa direzione il progetto Creval, che intende creare un’area di digital collaboration tra banca e cliente, in cui la filiale tradizionale, e le nuove tecnologie legate all’utilizzo di tablet e smartphone, coesistano ed interagiscano in funzione dell’operatività richiesta dal cliente.
Respirare “profumo di banca” può essere di aiuto per convincersi che una gestione dei NPL che combini l’esigenza immediata di pulizia del bilancio con quella di più ampio respiro di creazione di valore, è possibile. In tale ottica, alcuni intermediari, cominciano a valutare come prioritarie soluzioni di gestione interna dei NPL. Un esempio significativo, in tal senso, viene dall’Asset strategy template approvato dal Board di Intesa San Paolo. Ben vengano, anche, scelte come quella di Banca Carige, volte a valutare strategie “ibride” di recupero dei bad loans alternative alla pura cessione: in tal caso, la paventata soluzione di un veicolo ad hoc, esterno al perimetro della banca, può rappresentare una soluzione che dovrà, comunque, trovare un equilibrio tra le esigenze di bilancio e quelle di tutela del personale interno dedicato alla nuova funzione.
Abbiamo bisogno di un colpo di reni dei nostri banchieri; abbiamo bisogno di banchieri in grado di interagire con “autorità” con le “autorità di vigilanza”. In assenza di strategie, come quelle citate, innovative e proattive rispetto alle richieste della vigilanza, l’urgenza di “mettere a posto i conti” per rispettare i requisiti prudenziali, può indurre le banche, nel medio periodo, ad indebolire la relazione con la propria clientela, disattendere la tutela dei livelli occupazionali, trasferire parte del valore del proprio portafoglio crediti a soggetti esterni. In ultima istanza, a ridurre il livello dei fondi intermediati ed a distruggere valore in favore di potenziali nuovi competitors: l’esatto contrario della loro naturale missione, e delle buone intenzioni della stessa vigilanza.
Le linee guida sui crediti deteriorati pubblicate dalla BCE confermano la consapevolezza delle autorità circa i pericoli di soluzioni affrettate, e chiedono alle banche di valutare un mix di strategie alternative in relazione al diverso grado di anomalia dei crediti in portafoglio.
Manager esperti dovrebbero avere frecce al loro arco per uscire dai tradizionali clichés che, in questi anni, oltre che annoiare, hanno ispirato pratiche gestionali scontate e dagli effetti economici depressivi. Non c’è bisogno di menti raffinate, e dal portafoglio esigente, per chiudere filiali, licenziare dipendenti, e demandare al mercato la gestione delle “bad bank”, generate o trovate in eredità. Un onesto liquidatore saprebbe fare di più, a compensi meno pretenziosi.
E’ altrettanto vero, tuttavia, che i supervisori, dal loro canto, dovranno – nella quotidiana interazione con gli istituti coinvolti – guidare i processi di ristrutturazione con tempi più consoni a strategie di medio-lungo periodo, senza esasperare la pressione di vigilanza in favore di misure d’urgenza, e disinnescando, a loro volta, la pressione mediatica che accompagna le forze di mercato. Ne vale della stabilità dei singoli intermediari e di tutto il mercato del credito.
In tempi di crisi, un percorso virtuoso del business bancario necessita di vigilanti illuminati – determinati ma anche pazienti – e di “banchieri d’immaginazione”. Nel mio articolo “Per una ecologia del banchiere” [https://www.goodinfinance.com/ecologia-del-banchiere/], ricordando la distinzione tra “economisti scientisti” ed “economisti d’immaginazione” – proposta dal premio Nobel James Buchanan nel suo lavoro “Una bussola per la scienza economica” – estendo la stessa metafora ai banchieri: quelli “scientisti”, al pari degli scienziati, assumono le variabili come date ed immodificabili, come fossero leggi naturali; i “banchieri d’immaginazione” mescolano i pezzi ed esercitano la libertà dell’immaginifico.
Sono questi banchieri che, dalle pagine di questo blog, promuoviamo e sosteniamo. Sono questi banchieri a cui è affidato qualcosa di più di una madeleinette: l’ecologia della finanza e, in ultima istanza, dell’Europa che, ad oggi, è, ancora, un “Libro a Venire”.
[i] Albertazzi U., Bottero M., Gambacorta L., Ongena S., Asymmetric Information and the Securitization of SME Loans, Working Paper N° 1091, Banca d’Italia, dicembre 2016 [https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/temi-discussione/2016/2016-1091/index.html?com.dotmarketing.htmlpage.language=1]
Good or Bad?
Emergono esempi di banche e di banchieri illuminati che provano a coniugare il rispetto dei requisiti di vigilanza con modelli di business innovativi attenti alla dimensione sociale ed alla crescita sostenibile.
La pressione mediatica e delle forze di mercato, insieme all’urgenza di soluzioni richieste dalle autorità di vigilanza, può indurre i banchieri a scelte affrettate, dissociate da obiettivi di medio periodo e dalla creazione di valore nel tempo.