I primi effetti positivi della crisi vanno ricercati anche tra le righe di un intervento istituzionale, come quello del Presidente dell’ABI, Antonio Patuelli, che nelle 18 pagine della propria Relazione all’Assemblea della Associazione Bancaria, richiama per cinque volte il termine “etico”.
Una content analysis delle Relazioni degli anni passati – estesa, perché no, anche a quelle dei Governatori delle Banche Centrali – potrebbe confermarci il sospetto che si tratti di un evento unico nella storia del sistema bancario italiano, e forse internazionale.
Pagina 4 del testo: “Le banche in Italia sono impegnate ad aumentare i livelli di etica e di democrazia economica …”; pagina 12: “E’ innanzitutto indispensabile una forte ripresa di etica fra tutti gli operatori economici…”; pagina 13: “L’etica, l’intransigenza morale …sono precondizioni delle attività bancarie…”; pagina 14: “…l’accordo sottoscritto l’8 febbraio scorso tra ABI e sindacati contro le indebite pressioni commerciali: è innanzitutto un accordo etico…”; pagina 18: “Con rigore etico, connettiamo le tematiche bancarie, anche quelle meno tecniche, con sensibilità istituzionali e sociali”.
Non può essere un caso; non vogliamo che sia un caso. Da qui, urge una riflessione su come tradurre il concetto di etica nella finanza. Non può essere, evidentemente, solo etica comportamentale; tantomeno, si può appiattire il concetto di finanza etica su quello di una finanza selettiva. La finanza etica è qualcosa di più, ed una certa letteratura alternativa ne traccia i caratteri (https://www.goodinfinance.com/researches/microfinanza-finanza-etica/).
Se la letteratura in materia è ancora emergente, il legislatore è certamente molto giovane: l’art. 117 ter del Testo Unico della Finanza è solo un inizio. La relazione del Presidente dell’ABI un bell’assist a policy makers, studiosi ed operatori.
https://www.abi.it/DOC_ABI/Organi/Assemblea/ABI_RelazPresid%20int_v3.pdf